Tecniche conservative e agricoltura di precisione: un binomio vincente che rende l’attività imprenditoriale più redditizia e sostenibile da un punto di vista ambientale. Non è uno slogan creato ad arte ma quello che già da alcuni anni si realizza “sul campo” negli oltre 900 ettari della società agricola Mastai Ferretti Srl di Senigallia (An).
Al recente convegno di Osimo dedicato all’agricoltura conservativa organizzato da Edagricole e Aigacos, Paolo Primieri, responsabile della società fondata nel 1857 da papa Pio IX, ha dimostrato con tanto di dati, foto e tabelle, i vantaggi economici, ambientali e di gestione delle attività in campo ottenuti con il sod seeding abbinato alla precision farming.
Raccolti garantiti
Sui terreni prevalentemente argillosi situati nel circondario della cittadina marchigiana si coltivano dai 450 ai 500 ettari di frumento duro, circa 250 di girasole come seconda coltura, poi pisello da industria, colza, coriandolo, favino e trifoglio da seme per le rotazioni. Ci sono anche 24 ettari di vigneto le cui uve sono trasformate all’interno della cantina aziendale per produrre vini venduti direttamente al consumatore tra i quali spiccano il Verdicchio e Lacrima di Morro d’Alba.
La prima macchina per la semina su sodo (una Gaspardo Directa) è stata acquistata nel 1996 e da allora la tecnica non è più stata abbandonata, anzi, nel 2005 e nel 2008 sono arrivate altre due nuove seminatrici Maschio Gaspardo Directa 300 del tipo portate sul sollevatore, trainate da un Fiatagri G240 e da un Cnh Tm 190: «Secondo noi, tra le tante seminatrici da sodo, le Directa sono le più versatili per il tipo di terreno che dobbiamo lavorare – spiega Primieri – e soprattutto si adattano bene anche ai terreni bagnati, pur sapendo che la semina diretta andrebbe eseguita solo in condizioni di terreno asciutto».
Dei 500 ettari coltivati a frumento duro, in media sono circa 250 quelli gestiti con il metodo della semina diretta ogni anno. Ma questa superficie può variare anche di molto da un anno all’altro, infatti, l’azienda decide il tipo di lavorazione in base all’andamento stagionale dell’anno precedente, così se nel 2011 e nel 2013 si sono sfiorati i 350 ettari di sod seeding, nel 2014 e nel 2016 la quota è rimasta sotto i 200 ettari, tornando di nuovo a lambire i 300 nella campagna in corso. «Come sanno tutti gli agricoltori che praticano sod seeding , non si può fare sempre la semina diretta – racconta Primieri – ma quando è possibile i risparmi sui costi di lavorazione sono notevoli e le rese medie non ne risentono. Ovvio che per ottenere buoni risultati bisogna lavorare con scrupolosità. Nonostante questo – avverte l’agronomo – a volte si può osservare che il grano duro seminato su sodo nelle prime fasi si mostri un po’ più sofferente, salvo poi recuperare in primavera».
Per la concimazione alla Mastai Ferretti utilizzano due macchine dotate di guida satellitare parallela al fine di evitare raddoppi potenzialmente dannosi per il grano duro, oltre che a far risparmiare sui mezzi tecnici. «Il prossimo passo – confessa Primieri – sarà quello di realizzare le mappe di raccolto per introdurre la concimazione a rateo variabile: sono convinto che l’agricoltura conservativa abbinata alle tecniche di precisione sia un binomio vincente anche se in collina non sempre tutto è semplice come in pianura».
Risparmio certificato
I dati produttivi danno ragione a Primieri: dal 2007 al 2016 le rese del frumento duro coltivato in maniera tradizionale rispetto a quello seminato su sodo hanno avuto praticamente lo stesso andamento, con variazioni legate solo all’andamento climatico, anzi, se nel 2009 e nel 2011 la tradizionale è andata meglio, la conservativa si è presa la rivincita nel 2010, 2012 e 2016. In pratica nelle annate più aride performa meglio il sod seeding, in quelle più piovose la tradizionale è leggermente più produttiva.
Per quanto riguarda i consumi di gasolio necessari ai lavori in campo primieri quantifica il risparmio in 90/100 litri a ettaro, pari a circa il 50% del totale necessario a seminare un ettaro di frumento duro con il metodo tradizionale e prevedendo l’aratura come lavorazione principale. I costi si abbassano anche per la manodopera, in quanto sui terreni collinari della Mastai Ferretti con la semina diretta si avanza a circa un ettaro l’ora. Pertanto, a conti fatti, tra le due tecniche la differenza è la seguente: tre ore per la tradizionale contro una per la semina diretta, quindi il risparmio di manodopera è intorno al 66%. Anche qui a parlare sono i numeri: nel 1984 nell’azienda che fu del papa si impiegavano circa 170mila litri di gasolio, oggi sono poco più di 100mila.
«Poi bisogna considerare i risparmi per la manutenzione delle macchine – avverte Primieri – perché con l’aratura e la ripuntatura si va incontro a frequenti rotture con conseguenti fermo-macchina, che invece non ci sono, oppure ci sono in forma molto minore, con la semina diretta. Certo, l’investimento iniziale per l’acquisto delle macchine è notevole – sottolinea l’agronomo marchigiano – ma si ammortizza nel giro di pochi anni». In totale, l’agricoltura conservativa permette un risparmio di circa 200 euro l’ettaro.
A tutto questo va aggiunto il beneficio per l’ambiente, con un minor inquinamento e, soprattutto nelle zone collinari, una minore erosione del terreno. Un aspetto non secondario, dato che dal 2020 Bruxelles punterà con più decisione verso l’intensificazione sostenibile premiando modelli come quello dell’agricoltura conservativa.
Un altro vantaggio: il fattore tempo
«Un’aspetto che spesso non si prende in considerazione ma, a mio avviso, importante – conclude Primieri – riguarda la gestione invernale-primaverile dell’appezzamento seminato su sodo: in una grande azienda, soprattutto quando ci sono dei terreni tendenti all’argilloso o addirittura argillosi, è importante avere all’interno diverse situazioni. Per esempio, a fine inverno e in primavera ci si trova a dover entrare nei campi con i trattori per la concimazione. Spesso avere terreni seminati su sodo fa comodo, perché, al seguito di una precipitazione consistente, su appezzamenti seminati direttamente in media si entra un giorno prima rispetto a quelli lavorati, con le finestre di intervento che ultimamente sono sempre più ristrette, poter entrare in campo un giorno prima a volte risulta essere fondamentale in quanto il giorno successivo potrebbe piovere di nuovo».
Simone Martarello