di Giuseppe Cillo
Secondo la Fao, i principi e i benefici dell’Agricoltura Conservativa (CA) sono applicabili a tutti i paesaggi agricoli. Nonostante ciò, negli ultimi anni, le aree periferiche italiane, tipicamente vocate all’agricoltura, hanno registrato un peggioramento generale nella fornitura di servizi e della competitività del sistema produttivo, in parte dovuta alle piccole / medie dimensioni delle imprese italiane e alla loro scarsa propensione all’innovazione. A tutto questo va aggiunto che la mancata attenzione verso le tematiche gestionali ed ambientali (effetti delle lavorazioni del suolo sulla struttura e la emissione di gas effetto serra), porta molti agricoltori a credere che l’aratura meccanica convenzionale rientri tra le buone pratiche agronomiche.
Una recente indagine, condotta dal team di ricerca del professor Amir Kassam (Università di Reading – Regno Unito), ha centrato le problematiche socio-economiche legate all’adozione della CA nel nostro Paese, nel distretto regionale delle Marche. A seguito di un sondaggio che ha visto come protagoniste 14 aziende agricole, sono emerse importanti rivelazioni che hanno dimostrato che l’AC apporta benefici socioeconomici e che i principali driver per l’adozione di CA sono sia di natura economica che ambientale.
L’indagine del team di Kassam suggerisce in definitiva che l’adozione della CA oltre a generare risparmi in termini di energia, carburante, lavoro e di investimenti di capitale, apporta dei benefit di tipo socio-ambientali. In termini di aumento delle interazioni sociali, il ruolo di CA è notevolmente strategico perché, grazie all’azione di organismi come Aigacos, consente di riunire agricoltori e incoraggiare il dialogo, consentendo loro di mantenere diverse relazioni basate sull’aiuto reciproco e sulla condivisione delle conoscenze.