di Paolo Mantovi¹, Fabrizio Ruozzi¹, Vincenzo Tabaglio² e Roberta Boselli²
I Gruppi Operativi per l’Innovazione (Go o Goi) sono stati una delle principali novità degli attuali Programmi di sviluppo rurale (2014-2020). Si tratta di progetti di innovazione che hanno la finalità di affrontare problematiche concrete delle aziende agricole con l’intento di sviluppare nuovi sistemi o buone pratiche che possano risultare trasferibili anche a realtà agricole di altri territori, attraverso un percorso di contaminazione reciproca in termini di scambio di esperienze e informazioni.
A questo fine opera a livello europeo il Partenariato europeo per l’innovazione “Produttività e sostenibilità dell’agricoltura” (Pei-Agri), che ha tra i suoi obiettivi principali proprio quello di mettere in rete le varie esperienze e i risultati ottenuti dai Gruppi operativi di tutta Europa, attraverso l’organizzazione di vari eventi e gruppi di lavoro e la diffusione diretta di informazioni per mezzo di documentazione e del sito web.
Tra i primi Gruppi operativi attivati in Italia, già nel 2016, troviamo “Cover agroecologiche”. Il titolo del Piano di innovazione portato avanti dal Gruppo operativo è “Colture di copertura per l’incremento della sostanza organica del suolo e il contenimento delle malerbe”.
Un’iniziativa in provincia di Parma
Un titolo che ben sintetizza i principali problemi che hanno spinto la società agricola Ciato, situata a Panocchia (Parma), ad aderire al Gruppo operativo costituito dal partenariato.
La società agricola Ciato è un’azienda di piccolo-medie dimensioni (poco più di 20 ettari) che da anni coltiva colture convenzionali come frumento, mais, soia, erba medica, altre foraggere, da destinare al mercato. Infatti, non trattandosi di un’azienda zootecnica né comunque trasformatrice, non riutilizza i prodotti agricoli in un ciclo interno.
Nel tempo tale sistema agricolo, fondato sulle lavorazioni ripetute del terreno e l’utilizzo di fertilizzanti minerali, ha visto una decisa riduzione del tenore di sostanza organica dei terreni, accompagnata da crescente infestazione cronicizzata da parte di alcune malerbe, divenute in alcuni casi difficilmente controllabili.
Il Gruppo operativo Cover agroecologiche si è costituito con l’obiettivo di affrontare queste problematiche attraverso la messa a punto di nuovi metodi di coltivazione basati sui principi dell’agricoltura conservativa (rotazione colturale, semina diretta, mantenimento del residuo colturale, impiego di cover crop), al fine di ottenere una serie di vantaggi agro-ecologici. In particolare, si è puntato sullo sviluppo di sistemi innovativi di agricoltura conservativa fondati sull’utilizzo di colture di copertura (cover crop), per sfruttarne una serie di funzioni agroecologiche come ad esempio la produzione di sostanza organica e la fissazione dell’azoto, il riciclo di nutrienti, la protezione del suolo, il controllo alternativo delle malerbe.
I contenuti tecnici
Di conseguenza, tra le principali attività di “cover agroecologiche” troviamo: coltivazione su sodo di colture primaverili-estive su cover crop autunno-vernine terminate e lasciate sul campo, valutazione degli effetti sulla qualità del suolo (sostanza organica, stabilità strutturale, lombrichi, microartropodi…), valutazione della sostenibilità economica e della cosiddetta impronta del carbonio.
Si è partiti dal presupposto che l’eliminazione dell’aratura e delle lavorazioni rovescianti, portando ad un minor arieggiamento del suolo, riduce la mineralizzazione della sostanza organica e ne favorisce al contempo la trasformazione in humus stabile, con progressivo aumento della fertilità naturale del terreno coltivato.
La presenza del residuo colturale sulla superficie del terreno, oltre a fornire una protezione dall’azione battente dell’acqua e dai fenomeni erosivi e ad attenuare gli effetti del calpestamento, genera un aumento dell’input di materia organica nei primi strati, che funge da nutrimento per la micro e meso-fauna del suolo (microartropodi e lombrichi).
L’aumento della sostanza organica stabile e la riduzione dello shock meccanico dovuto alle lavorazioni favoriscono l’aggregazione delle particelle del terreno, portando alla formazione di aggregati duraturi.
La sperimentazione in corso
L’attività sperimentale viene condotta presso l’azienda Ciato, dove operano tutti i partner del Gruppo operativo. Si tratta di un appezzamento di quasi 7 ettari, dove vengono confrontate quattro diverse cover crop con un testimone senza coltura di copertura, ma comunque in regime di agricoltura conservativa con semine su sodo (si veda la foto in apertura) e dove vengono mantenuti i residui delle colture in precessione.
Nel corso del triennio 2016-2019 sono stati realizzati tre cicli di colture di copertura. Si sono confrontate in particolare:
- una cover crop con avena strigosa e veccia, che però ha dimostrato la bassa adattabilità di Avena strigosa ad inverni rigidi e secchi, quindi sostituita l’anno seguente da mix di facelia e senape, valutando sia la senape bruna che quella bianca (essendo quest’ultima una specie geliva, che in genere viene terminata direttamente dalle probabili gelate);
- una cover a base di loiessa e trifogli (incarnato e persiano);
- una cover a base di segale multicaule;
- una cover poliennale di erba medica ad elevata dormienza (Classe 3, per avere bassa competitività con le colture principali), che avrebbe dovuto agire come cover perenne ma che è risultato difficile insediare e mantenere nel tempo. Le cause si devono principalmente al mancato successo della semina autunnale della medica e poi alla semina primaverile, a questo punto troppo ravvicinata, rispetto a quella del mais che ha rappresentato la prima coltura da reddito, nel 2017. Si ritiene opportuno promuovere un’altra sperimentazione, cercando di insediare la cover perenne di erba medica almeno un anno prima della semina di altre colture.
Per la terminazione delle cover si è sperimentato anche l’uso del roller crimper, un particolare rullo con lame adatto a stendere e condizionare le piante, come alternativa al diserbo chimico.
Come coltivazioni da reddito si sono scelte il mais da granella nel 2017, la soia nel 2018 e nel 2019 di nuovo lo stesso mais del 2017 (varietà Kamponi CS). Per il mais le produzioni medie di granella sono variate tra 8,5 e 10,6 t/ha di granella all’umidità commerciale (tabella 1), mentre per la soia sono oscillate tra 2,0 e 3,0 t/ha (tabella 2).
In entrambi i casi, i risultati migliori sono stati ottenuti dove le cover erano meno sviluppate o assenti (test) e dove hanno esercitato minore competizione per l’acqua dopo stagioni invernali particolarmente siccitose, in particolare tra il 2016-2017. Il mais che verrà raccolto a inizio settembre 2019 sembra già beneficiare del maggior livello di adattamento del terreno alla nuova tecnica di coltivazione, avendo raggiunto un ottimo sviluppo delle piante nel loro complesso. Occorre ricordare che si sta operando infatti nel cosiddetto “periodo di transizione” tra i regimi di agricoltura convenzionale e conservativa.
Si tratta degli anni che servono al sistema conservativo per raggiungere la sua maturità, e quindi riuscire a estrinsecare appieno le funzioni agroecologiche a beneficio anche della produttività.
Le specifiche misure dei Psr a sostegno dell’Agricoltura Conservativa, con pagamenti a superficie (come la Operazione 10.1.04 – “Agricoltura conservativa e incremento sostanza organica” della Regione Emilia-Romagna), intendono proprio compensare questo gap con probabili minori rese per il periodo di transizione.
tab. 1 Rese di granella di mais* | |
TESI | RESA |
A) su avena strigosa – veccia comune | 10,58 |
B) su loiessa e trifogli | 8,53 |
C) su segale multicaule-avena-veccia- trif. incarnato | 8,90 |
D) su erba medica | 9,81 |
E) su test senza cover | 10,62 |
*ottenute nel 2017 (t/ha di granella al 15,5% di umidità)
tab. 2 Rese di granella di soia* | |
TESI | RESA |
A) su facelia e senape bruna | 2,02 |
B) su loiessa e trifogli | 2,33 |
C) su segale multicaule | 2,21 |
D) su ex erba medica | 2,95 |
E) su test senza cover | 2,99 |
*ottenute nel 2018 (t/ha di granella al 14% di umidità)
La qualità del suolo
Dopo solo due anni di implementazione delle pratiche di agricoltura conservativa, si è assistito a un aumento della stabilità strutturale nei primi 5 cm di suolo, che rappresenta lo strato più interessato dal decadimento della struttura, a causa del ripetuto passaggio di macchine agricole e dell’azione battente delle precipitazioni. In particolare, le cover crop a base di graminacee (segale e loiessa-trifogli), dotate di un ampio apparato radicale fascicolato, hanno evidenziato un maggior incremento dell’indice di stabilità strutturale, rispetto al testimone senza cover (figura 1).
La valutazione della biodiversità si è basata sulla determinazione dell’indice Qbs-ar e del numero di lombrichi nel terreno.
L’indice Qbs-ar permette di valutare la qualità biologica dei suoli sulla base dell’analisi dei microartropodi edafici nei primi 10 cm di profondità del suolo. L’indice si basa sull’assunto che i microartropodi più adattati alla vita edafica sono presenti se l’ecosistema suolo non è disturbato da attività antropiche. Maggiore è il valore dell’indice Qbs-ar, maggiore sarà la presenza di unità adattate al suolo, le più vulnerabili in caso di disturbo.
Il numero di lombrichi viene determinato invece su un campione di suolo delle dimensioni di 20x20x20 cm.
Per quanto riguarda entrambi gli indici, dopo due anni di prove non sono pienamente visibili differenze significative di fertilità biologica nelle varie tesi a confronto con il test, sebbene il numero di lombrichi nel testimone sia circa la metà rispetto a quello rilevato dove è stata coltivata la cover crop di segale.
La diffusione dei risultati
Il progetto terminerà entro il 2019 e darà indicazioni sulle colture di copertura adatte agli ambienti pedoclimatici dell’Emilia-Romagna e sui metodi per la loro gestione agronomica, dalla semina alla terminazione, gli effetti sul suolo dovuti ai nuovi sistemi di coltivazione, la valutazione della sostenibilità ambientale ed economica delle pratiche di coltivazione proposte.
La finalità principale è quella di favorire un trasferimento consapevole di queste nuove pratiche, mediante diverse attività di formazione e disseminazione tecnico-scientifica, anche attraverso la rete Pei-Agri.
Oltre che in due incontri tecnici con visita al sito sperimentale nel 2017 e 2019, quest’anno Cover agroecologiche è stato presentato al workshop europeo “Cropping for the future: networking for crop rotation and crop diversification” (4-5 giugno 2019 – Almere, Olanda) e all’Agri innovation summit 2019 (25-26 giugno, Lisieux, Francia).
La diffusione dell’agricoltura conservativa, con i suoi benefici effetti ambientali, passa anche attraverso la promozione della ricerca, il coinvolgimento degli agricoltori e la divulgazione delle esperienze, così come è nello spirito di questi progetti di sviluppo. Per questo, in novembre 2019 è previsto il convegno finale di Cover agroecologiche.
I partner del Gruppo operativo
Ecco alcuni dettagli sul Gruppo operativo Cover Agroecologiche.
Finanziamento: Psr Regione Emilia-Romagna, Misura 16.1.01, Focus Area 4C – prevenzione dell’erosione dei suoli e migliore gestione degli stessi.
Partenariato:
- Fondazione Crpa Studi Ricerche (capofila).
- Società agricola Ciato, di Panocchia (Parma).
- Università Cattolica del Sacro Cuore, Dipartimento Diproves.
- Università degli Studi di Parma, Dipartimento Sea.
- Centro Ricerche Produzioni Animali – Crpa spa.
- Caussade Semences Italia srl (casa sementiera).
- Emme Emme srl (importatore seminatrici Semeato).
Maggiori particolari e aggiornamenti sul sito web del progetto
1) Fondazione Crpa Studi Ricerche, Reggio Emilia.
2) Dipartimento Diproves, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza.